Christopher Zagni lascia l’hockey giocato. Anche per l’attaccante milanese, classe 1985, è giunto il momento di dire basta all’hockey in line complici impegni lavorativi e familiari che non gli consentono più di stare al passo con gli impegni che la massima serie richiede.
Zagni jr, figlio del coach Max Zagni, è partito in questo mondo con la formazione milanese dei RAMS per poi togliersi tante soddisfazioni con il Milano Quanta, con cui ha vinto diversi scudetti, con il Monleale Sportleale e con la nazionale italiana.
Hockeyinlineitalia ha intervistato l’attaccante per voi:
Sui social, in maniera scherzosa, ha annunciato il suo ritiro dall’hockey in line. Come è giunto a questa decisione?
“Diciamo che prendere queste decisioni non è mai facile, sopratutto perché la voglia c’è ancora ma gli impegni tra il lavoro e la famiglia sono troppi e visto che l’età avanza non mi bastano più i due allenamenti con la squadra. Dovrei avere tempo anche per prepararmi atleticamente, quindi se non posso essere al massimo della forma meglio lasciare e al massimo fare qualche partita per divertirsi e qualche torneo estivo”.
Cosa le mancherà di più dell’hockey giocato?
“Dell’hockey mi mancherà sicuramente lo spogliatoio che è la parte più divertente mentre di quello giocato sicuramente le partite quelle importanti dove ti giochi tutto, che entri in campo con quella stretta allo stomaco che poi si trasforma in puro agonismo appena l’arbitro butta il disco… belle sensazioni”.
Quale il ricordo della sua carriera sportiva a cui è più affezionato?
“C’è ne più di uno: 3 sono quelli a cui sono più legato.
Il primo è la coppa Italia vinta con i Rams in coppia con l’amico Caletti contro gli imbattibili Asiago Vipers, il secondo è la prima chiamata in Nazionale dove ho lasciato a metà l’orale della maturità perché altrimenti avrei fatto ritardo per partire e poi il terzo è il primo scudetto vinto con Milano dove ho segnato una tripletta a Mattia Mai in gara 4, cosa che gli ricordo ogni volta (ride)”.
Quale il momento più difficile?
“Penso che sia questo: dopo più di 25 anni che dedichi la maggior parte del tuo tempo ad uno sport, il momento in cui smetti credo che sia il più difficile, specie se come me lo fai perché non hai scelta”.
Quali sono gli allenatori ed i compagni di squadra a cui rimarrà legato?
“Beh di compagni di squadra ce ne sono tanti con cui ho condiviso gioie e dolori a cui rimarrò sempre legato a partire da Caletti, da quelli con cui ho vinto i primi campionati delle giovanili fino ad arrivare a quelli di oggi come Banchero, Tomasello che son passato da chiedergli l’autografo al palazzo del ghiaccio a giocarci insieme, Ferrari che l’ho visto crescere ed è quasi riuscito a battere il maestro (ma ne deve mangiare ancora di pastasciutta ahaha) invece come allenatori, tutti mi hanno dato qualcosa nel bene e nel male ma ovviamente mio padre è stato quello a cui dovrò sempre dire grazie perché mi ha allenato e insegnato a comportarmi dentro e fuori dal campo”.
C’è un messaggio che vuole lanciare alle nuove generazioni di giocatori?
“Le nuove generazioni hanno una grande fortuna: ho visto poco tempo fa che hanno disputato gli europei la formazione under 16 e la 18. Quando io avevo la loro età a malapena c’era il campionato giovanile e della nazionale non parliamone neanche. Quindi quello che posso dire è impegnatevi sempre, non mollate mai e sopratutto divertitevi perché con questo sport ci si può togliere tante soddisfazioni e fare bellissime esperienze che vi ricorderete per tutta la vita”.