E’ attualmente il presidente del club più titolato nel mondo, anche se nell’hockey in line ancora manca un grado di uniformità nelle competizioni internazionali. Possiamo quindi paragonare la sua squadra al famoso Real Madrid del calcio: parliamo dei Les Diables de Rethel ed abbiamo intervistato il numero 1 Didier Lefevre.
La prima domanda viene da sola: come nasce il club più forte della storia?
“Da una casualità, come tutti. Io ero un giocatore di hockey su ghiaccio poi per lavoro mi hanno trasferito a Rethel (vicino Rennes, nella Francia nord est, a pochi km dal Belgio, ndr) e lì ho cominciato a giocare a calcio, in mancanza dell’hockey. Mi feci male ad una caviglia e andando dal fisioterapista questo mi disse che suo figlio giocava questo sport, l’hockey in line. Siamo entrati in contatto e da lì si è cominciata a scrivere la storia. Correva l’anno 1997”.
Quanti i trofei che avete in bacheca?
“Tanti: 8 scudetti, 5 European Champions Cup, 7 Coppa di Francia”.
E come avete fatto a vincere così tanto?
“Prima ancora di avere dei buoni giocatori è fondamentale avere dei buoni dirigenti e tanti volontari appassionati. A Rethel abbiamo una macchina organizzativa di prim’ordine e non mi stancherò mai di ringraziare abbastanza i volontari. Molto importante poi è avere un ottimo allenatore: noi facemmo il salto di qualità quando ingaggiammo Thebaud Koch che stette con noi dal 2000 fino alla stagione 2012/13. Anni splendidi vissuti grazie ad una splendida persona ed eccellente allenatore. Il suo lavoro lo ha poi portato lontano da noi ma di tutte le persone che ho conosciuto in questi anni lui è quella che più mi è rimasta nel cuore”.
Quanti iscritti conta Rethel oggi?
“Abbiamo una squadra di Pulcini, 2 under 12, una under 14 e una squadra senior. Però tenete conto che Rethel ha 8mila abitanti, non è un grande centro abitato. Ci sono pochi bambini”.
Per fare grandi squadre servono anche grandi soldi. Dove trovate la forza economica per andare avanti? Come trovate gli sponsor?
“Il budget per la stagione 2014/15 è di 269.000 euro. Il Comune ci dà una mano dandoci in gestione gratuita il palazzetto e 25mila euro di sovvenzioni: anche la Regione, visto che siamo un’eccellenza internazionale come risultati, ci aiuta con 93.000 euro. Il resto poi lo fanno gli sponsor, circa 110.000 euro. Noi offriamo loro ottima visibilità e durante le nostre partite li invitiamo e facciamo accomodare nella sala vip. In questo modo anche per le varie aziende è nata occasione di collaborare fra loro ed ingrandire i loro affari. Il nostro stadio poi è sempre pieno: ad ogni partita ci sono circa 600 persone e ciò piace ovviamente parecchio a chi associa il suo nome al nostro”.
Se dovesse dire un momento particolarmente bello ed uno particolarmente brutto della sua avventura da presidente, quali indicherebbe ai nostri lettori?
“Il momento più bello sicuramente la European Champions Cup strappata nel 2006 ad Anglet all’Anglet. Eravamo sotto 3-0 dopo 10′ e dissi all’allenatore del Valladolid, seduto davanti a me: “è andata”. Lui mi rispose: “ce la farete” e poi così è stato. Fu una rimonta clamorosa fino al 6-3 finale per noi e pubblico di casa, 1800 persone contro le nostre 8, ammutolito. Una soddisfazione infinita.
Il momento più brutto invece la finale sempre di Euro Cup persa contro Asiago a Bassano del Grappa nel 2005. Eravamo in vantaggio 1-0 ed abbiamo perso 3-1, una grande delusione”.