Ancora un’intervista sulle curiosità del mondo dell’hockey in line de Il Giornale di Vicenza.
Questa volta soggetto dell’articolo è Raimondo Luigi Petrone, volto noto del roller hockey italiano, che il quotidiano veneto ha deciso di approfondire per far conoscere la sua figura anche ai non addetti ai lavori.
Questa l’intervista de Il Giornale di Vicenza:
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Istrionico, fisico asciutto, zazzera fluente e disordinata: questa potrebbe essere la sintesi estrema dell’immagine di Raimondo Luigi Petrone, attrezzista azzurro, milanese di nascita ma da 35 anni asiaghese d’adozione.
Diploma Isef e una carriera da maratoneta (anche in Nazionale) alle spalle, “Rai” (come è universalmente conosciuto) è sbarcato sull’altopiano nel 1972 in occasione dei raduni delle Nazionali di Atletica; qui avrebbe poi conosciuto quella che, nel 1980, sarebbe diventata sua moglie; nel 1981 il trasferimento ad Asiago dove sarebbero nati Giulia (oggi 33enne) e Giacomo Mattia (31).
“Smessi i panni dell’atleta ho fatto l’assicuratore e l’operaio – ricorda – per poi entrare come attrezzista prima nel mondo dell’hockey su ghiaccio per 6 anni e quindi in quello dell’inline con gli Asiago Vipers; dal 2008 sono equipe manager delle nazionali maschili e femminili. Nel 2014 è iniziata l’avventura per rifondare il movimento femminile in Italia ed in questo ambito ho assunto gli onori e gli oneri di coordinatore organizzativo”.
Pregi e difetti per definirsi. “Sono uno che cerca sempre la perfezione, anche se so che non esiste: in sostanza un eterno insoddisfatto sempre a caccia di stimoli nuovi per mettersi alla prova. Ritengo che adagiarsi pensando di saper tutto sia la condizione per sbagliare qualcosa; lo sport mi ha insegnato che si può sempre migliorare, che non hai mai finito di imparare. Quando si alza la prssione sono sanguigno, fino a volte a sembrare irascibile; all’esterno spesso sembro tranquillo ma all’interno come un vulcano… (pausa) e poi sono un egoista (retaggio dello sport individuale che ho praticato) per arrivare dove voglio. So però riconoscere il valore degli altri ed al tempo stesso sono disponibile ad aiutare gli altri in caso di bisogno”, tanto disponibile che tutti lo conoscono, stranieri compresi, e cosi gira voce che a volte gli italiani a volte si lamentino di cercarlo vanamente per poi scoprire che era in giro a panchine o spogliatoi. “Per certi versi è vero – chiosa Rai – ma è solo questione che il mio lavoro va fatto prima delle partite, quando deve essere preparato tutto a dovere. Fatto questo servo solo in caso di “incidenti” e quindi, se si può, perchè non aiutarsi”?
L’attrezzista si dice diventi un po’ il confessore dello spogliatoio. “Cosi può essere ma ho sempre fatto la scelta di parlare con i giocatori solo fuori dallo spogliatoio, evitando se possibile di esserci nei momenti di confronto con gli allenatori, per non interferire. E’ vero che di fatto poi diventi un po’ il catalizzatore di molte, se non tutte, le situazioni, anche personali”.
Qualche ricordo, bello o brutto? “Ho sempre portato i capelli lunghi e ricordo che nel secondo anno nello spogliatoio dell’Asiago (ghiaccio) quattro “vecchi” mi hanno preso da una parte e mi hanno “tosato”; io ho accettato lo scherzo, anche perchè era dimostrazione di essere parte del gruppo! Ma di scherzi, battute o cose simili ce ne facciamo tutti i giorni, ad ogni occasione: è un modo per cementare il gruppo.
Ricordi? Tante vittorie con i Vipers ma anche l’arrabbiatura per la finale di Champions persa a Rethel dopo essere stati in vantaggio, per esempio. Quello che invece porto sempre con me sono le emozioni di questi ragazzi e ragazze, le lacrime di gioia per un successo importante magari strappato all’ultimo o quelle di rabbia e delusione per un’occasione sfumata”.
“Aneddoti sulla sua figura ce ne sono tanti – dicono quelli dello staff – uno potrebbe riguardare il fatto che “in servizio” porta sempre una sciarpa nera al collo, con qualsiasi temperatura ed a qualsiasi latitudine”.