La diffusione dell’hockey in line passa per la creazione di nuove società: è questo l’ostacolo più grande che dovrà essere superato per affermare finalmente questa disciplina come realtà sportiva del nostro paese e superare la competizione con le discipline vicine per storia e tradizione, come hockey pista ed hockey ghiaccio, il cui limite è sempre stata la scarsa diffusione capillare sul territorio.
A proposito abbiamo voluto fare un reportage sull’hockey in Sardegna, più precisamente a Olbia, dove recentemente è nato, o almeno sta provando a nascere, una nuova squadra.
Ne abbiamo parlato con il responsabile, Andrea Bacchiddu:
L’hockey in line in Sardegna è ancora molto poco conosciuto, come nasce una nuova squadra in terra sarda?
“La Sardegna lamenta una mancanza di apertura a discipline diverse dal calcio. Questa infatti detiene una semplicità di reperimento atleti vincente sotto due principali aspetti: i miraggi di carriera che propongono i media e la esigua richiesta di materiali a livello logistico. Ciò ha portato la cultura sportiva isolana a non sviluppare strutture idonee alla pratica degli sport a rotelle. Durante gli anni 80 son cresciuti, nelle principali città, dei pattinodromi outdoor dedicati principalmente al pattinaggio di velocità. Per quanto riguarda l’hockey invece, a memoria dei sardi l’associazione con questa parola è relativa a quello su prato, in cui militava l’Amsicora. Niente più.
Una nuova squadra può quindi nascere solo da chi ha fatto esperienze in altre regioni, ed abbia potuto conoscere le potenzialità di uno sport che unisce velocità, tecnica, coordinazione e spirito di squadra. Io ho iniziato la mia avventura a Pisa, con un gruppo di studenti. Giocavamo in una pista di un quartiere popolare quando siamo stati notati da Marco Bellini della Nuova Polisportiva Molinese, che passava li per caso. Stava muovendo i primi passi nell’ Hil, e noi siamo stati parte del suo esordio. Quando son tornato in Sardegna mi mancava tutto questo e dopo diversi anni ho trovato fortuitamente un gruppo di ragazzi che giocavano senza regole e senza organizzazione tecnica. Insieme con la loro grande passione e disponibilità abbiamo voluto dare un taglio diverso al pregresso e ora stiamo muovendo i primi difficili passi per far evolvere la nostra associazione”.
In regione esiste da anni il Sinnai di coach Capra, vi conoscete? Collaborate insieme o fate amichevoli?
“Sempre con la volontà di capire se fossimo veramente l’unica macchia bianca in Sardegna, ho fatto una ricerca sul sito della federazione ed ho trovato la squadra di Eugenio a Sinnai. Lui si è, fin da subito, dimostrato molto vicino e propenso ad aiutarci. Siamo in costante contatto da un anno e abbiamo fatto una amichevole. Purtroppo gli incontri son limitati per due motivi: il primo è che stiamo a tre ore di distanza reciproca: loro hanno un campo all’ aperto, noi uno al chiuso poco più grande di un terzo del regolamentare. Il secondo è che siamo tutti professionisti con famiglia e dobbiamo conciliare impegni di lavoro e personali con le possibili belle giornate da dedicare a partite outdoor (pesa molto la mancanza di una struttura coperta)”.
Come si stanno muovendo i primi passi dell’hockey Olbia? Siete iscritti alla federazione? Pensate nei prossimi anni di partecipare a qualche campionato?
“Siamo iscritti al Coni ed all’Acsi, non ancora alla FIHP. In realtà non mi sono informato sulla procedura per farlo ed in ogni caso penso che sia necessario avere almeno un istruttore federale. Avrei voluto fare il corso non appena ci fosse un segnale positivo sulla crescita della associazione e dello sport, anche perché per ora sto insegnando a ragazzi grandi, mentre se dovessi iniziare a lavorare coi bambini vorrei avere la copertura di un attestato.
Con Eugenio pensavamo di iscriverci come unica squadra al campionato del centro sud ma le limitazioni nascono dalle nostre strutture e dalla mancanza di volontà della federazione di alleggerire la fiscalità sulla idoneità delle piste in una realtà che deve ancora prendere piede”.
Quali sono gli ostacoli più difficili da superare e quali le soddisfazioni maggiori?
“Sicuramente far vincere la resistenza delle amministrazioni locali che non vogliono concedere le loro strutture “perché l’hockey rovina la pavimentazione esistente”. Le soddisfazioni nascono dal legame che si è creato tra i compagni di gioco anche al di fuori della disciplina e dalla possibilità di veder creare da zero una nuova opportunità di svago e di cultura sportiva per la popolazione locale”.
Come è la reazione della gente alla scoperta di uno sport così desueto per la Sardegna?
“Molta diffidenza, lo dimostrano i pochi iscritti nonostante una bella pagina sulla parte sportiva del giornale locale. Il problema non risiede neanche nel fatto che non piaccia: la gente non si avvicina proprio. Sicuramente è nostra colpa non aver organizzato un training day all’ aperto ma anche li è un cane che si morde la coda non avendo una struttura dove poterlo fare”.
Quanti giocatori siete attualmente? Ce la fate a fare anche un settore giovanile?
“Siamo in 12 con una media di età di 35 anni. Il settore giovanile potrei pensarlo per ora esteso ai ragazzi a partire dai 18 anni, per le motivazioni che dicevo prima”.
Economicamente quale è la situazione? Quale sono le prossime iniziative?
“Per ora ci stiamo autofinanziando per le piccole spese, giochiamo in una struttura comunale di una scuola elementare e non percepiamo mensilità dai soci. Non abbiamo scopo e struttura di lucro perché nessuno di noi remunera il tempo che sta dedicano alle varie incombenze. Per venire incontro alle nostre problematiche di gestione delle distanze e per aumentare il numero di squadre in Sardegna, ho preso contatti con una squadra di Nuoro che pratica, ad ora, roller cross e freestyle: questi si son detti molto disponibili a voler creare una squadra di hockey. Il prossimo passo sarà organizzare una amichevole con la squadra di Eugenio Capra a Nuoro, sponsorizzando l’evento in modo che raccolga un po’ di pubblico da avvicinare al nostro sport e creare bacino di utenza per la istituenda squadra di Nuoro: speriamo bene”.
2 Comments
MoLo
19 Novembre 2013 at 21:45Un abbraccio solidale a tutti i Sardi. Spero che possiate riprendere al più presto una vita normale, sicura, in cui ci sia spazio anche per le emozioni positive che questo splendido sport sa dare…
eugenio
29 Novembre 2013 at 10:56Grazie sia a Riccardo per l’intervista sia ad Andrea per averci citati e speriamo realmente di fare qualcosa per questo sport fantastico .