Con gli appuntamenti ufficiali ormai finiti è tempo di chiacchiere, resoconti, indiscrezioni di mercato e progetti futuri. Di questo si occuperà principalmente Hockeyinlineitalia nel periodo estivo e non potevamo non cominciare da uno dei protagonisti più “curiosi” della stagione 2014/15: Roberto Varotto. L’esperto coach di Bolzano ha infatti iniziato la sua stagione al Verona, dove poi però le loro strade si sono divise pochi mesi dopo. A fine anno, la chiamata che non ti aspetti: con la serie di finale scudetto sul 1-1, arriva la telefonata da Milano. Coach Varotto va in panca per gara 3 e 4, batte la sua fresca ex società e contribuisce al quarto scudetto consecutivo del Milano.
Ne abbiamo parlato con l’allenatore campione d’Italia
Coach, il suo è stato sicuramente un percorso originale. Come lo ha vissuto?
“A qualcuno la mia chiamata non è andata molto a genio. L’anno scorso avevo smesso con Milano in una maniera non troppo bella ed invece quest’anno mi hanno dato la possibilità di portare a casa un titolo, per cui non posso non ringraziarli. Quello che mi è piaciuto è stato come sono stato accolto a Milano e quello che i giocatori hanno fatto per me: i Banchero, i Tomasello, tutti grandi campioni che hanno fatto la differenza giocando al massimo le due partite in cui ho allenato dimostrando grande professionalità”.
Si aspettava di essere chiamato?
“Assolutamente no. Avevo riallacciato il mio rapporto con il presidente per motivi personali e lui ha apprezzato questa cosa. Gli ho promesso che sarei venuto a vedere qualche partita, e così ho fatto in gara 1 e 2 di finale scudetto. Poi dopo il match perso a Verona, mentre tornavo a casa, mi è arrivata la telefonata e Quintavalle mi ha chiesto se ero disponibile per dare una mano a Tomasello. Io gli avevo già detto che se serviva qualcosa bastava chiamarmi, e così il lunedì mi sono trovato al Quanta Village per fare allenamento e per gara 3 e 4 sono andato in panchina. La serietà di un personaggio di valore come Umberto Quintavalle si meritava questo, è davvero una persona dalle qualità rare da trovare nel mondo dell’in line. Accettando in un momento così delicato sapevo anche di rischiare una grossa figuraccia ma le sfide non mi hanno mai spaventato e portare a casa il titolo è stata la migliore soddisfazione che potevamo cogliere”.
E con Verona?
“Devo dire che non mi è piaciuta l’intervista di gara 3 rilasciata nel prepartita da Rela a Rai Sport che ho trovato di cattivo gusto. Questo modo di commentare mi ha dato fastidio e a Rela l’ho detto di persona. Per il resto nessun problema, io ho pensato al bene del Milano ed a svolgere al meglio il compito che mi era stato assegnato: sono contento di aver vinto lo Scudetto”.
Cosa la attende nella stagione 2015/16? Ha già ricevuto qualche chiamata per allenare?
“No, nessuno mi ha chiamato per allenare. Credo però che sarei disposto a tornare in panca solo per il Milano: la professionalità che ha Quintavalle e che c’è nel club, non c’è da nessuna altra parte ed io alla mia età non ho bisogno di allenare per forza. Finora però non ho ricevuto nessuna chiamata e quindi penso che mi vivrò l’in line da spettatore andandomi a vedere qualche partita in zona”.
Un’altra grande soddisfazione è arrivata dai Master, dove ha vinto un argento. Che esperienza è stata?
“Con i Master è stata la mia seconda esperienza, dopo il quarto posto dello scorso anno in Repubblica Ceca. L’obiettivo principale era creare un gruppo e una mentalità professionale: grazie agli innesti di giocatori quali Gruber, Longhini, Luca Tessari questo salto di qualità è riuscito, lo spogliatoio è stato incredibilmente compatto e proprio grazie a questo è arrivato un grande risultato. E peccato che Longhini si sia infortunato alla prima partita, o la storia avrebbe potuto essere diversa. E che dire poi dell’assenza di Luca Rigoni…però così è stato, ed il secondo posto è ottimo: è stata una magnifica esperienza”.
Un commento a 360° sul movimento hockey in line italiano.
“Noto con piacere che il livello si sta alzando sempre di più. Padova è un esempio: ha preso una nidiata di ragazzi e ha fatto un campionato splendido. Asiago pian piano si sta riportando in alto, sempre grazie a giovani. Cittadella con poco potrebbe fare un campionato ancora migliore di quest’anno. Verona con Rela, che ha fatto un gran bel lavoro ha giocato alla pari una finale. Il movimento sta crescendo, si vedono in giro giocatori come Vendrame che ricordano un grande campione come Claudio Mantese: il modo di stare sul campo, leggere il gioco, pattinare, la testa molto più matura della sua età…un talento nascente.
Ora però servirebbe un salto di qualità e per farlo l’hockey si deve espandere anche in luoghi meno radicati geograficamente: un bell’esempio positivo è la Molinese, guardate che bel movimento che hanno creato nonostante mille difficoltà. Se si continua così il livello in Italia crescerà sempre di più, il bronzo degli under 20 poi è molto incoraggiante e credo che fra 2-3 anni ci sarà un grosso ricambio generazionale anche nell’Italia senior”.
Una chiusura sugli stranieri: ostacolo o valore aggiunto?
“L’importante è che non abbiano solo il nome straniero. Se si devono prendere, devono portare professionalità in pista, leadership nello spogliatoio, devono essere un esempio positivo per i locali. Ultimamente in Italia ne abbiamo visti diversi, e non tutti meritavano di stare dove stavano. Sta alle società essere lungimiranti e non permettere che il loro comprotamento degeneri”.