Stefano Baschetta è uno dei personaggi più conosciuti nell’hockey in line italiano nonostante non abbia mai partecipato ai grandi campionati o alle massime competizioni. Con il suo costante lavoro nel settore giovanile e nel settore promozionale, è uno dei maggiori artefici dello sviluppo dell’hockey in line a Riccione ed in Emilia Romagna. Hockeyinlineitalia ha voluto sentire la voce di uno dei pionieri di questa disciplina, tuttora impegnato a 360° con una inestimabile passione.
Lei è nell’hockey da tanto tempo, come è iniziata la sua avventura?
“Sono nell’hockey da tanto tempo perché, per fortuna o purtroppo, comincio ad essere “vecchietto”. Iniziai nel ’75 a pattinare, dopo poco incontrai l’hockey su pista e da allora l’hockey rimase il mio sport. Chiusi con l’hockey su pista, come atleta ed allenatore nel 1993 e quando i pattini in linea entrarono nella nostra federazione come mezzo alternativo, ne intuii le potenzialità e mi ci dedicai. Dal 1996 al 2001 ho allenato a Forlì e, contestualmente, iniziato a creare un movimento di hockey in line a Riccione, fino a dedicarmi a tempo pieno alla mia società, di cui sono il Presidente”.
Riccione è una realtà storica di questa disciplina, come ha visto l’evolversi di questa realtà?
“Non parlerei di evoluzione, ma di consolidamento. Il pattino in linea è stato un fenomeno di massa che, fortunatamente, è stato canalizzato in uno sviluppo tecnologico che ne ha favorito l’approccio sportivo. Oggi la specialità della corsa uso solo il pattino in linea, nell’hockey convivono le due specialità, solo l’artistico usa in forma praticamente quasi esclusiva il pattino tradizionale, ed anche se il mezzo è praticamente il fratello del pattino che si usa nelle specialità sportive del ghiaccio nella nostra Federazione si è ritagliato uno spazio importante. In questo la FIHP è stata molto lungimirante. Per quanto riguarda l’hockey in line il mio pensiero è chiaro da sempre: è una specialità ibrida nata dall’adeguamento tecnico dell’hockey su ghiaccio a superfici di altro materiale, ma che si gioca su impianti, regole generali e formati tipici dell’hockey su pista. Le norme di gioco sono in grande trasformazione e potrebbero far pendere l’ago della bilancia più verso una che verso l’altra specialità, ma il dato rimane. Ne consegue che gli attori che sapranno attingere al meglio delle due “madri” ne trarranno i maggiori vantaggi. L’opportunità di poterlo praticare su impianti sparsi in tutto il territorio nazionale, conseguentemente, ne esalta le potenzialità”.
E’ sempre stato legato al giovanile, come vede lo sviluppo di questo settore nelle varie realtà d’Italia?
“L’attività giovanile è la base dell’attività sportiva tutta ed in particolare, negli sport cosiddetti minori, come il nostro, né è addirittura pilastro imprescindibile. Nella nostra breve vita le società che non hanno investito nei settori giovanili oggi non sono più presenti nel panorama nazionale. Di contrasto coloro che lo hanno fatto sono ai vertici dell’attività, anche di alto livello. Tuttavia investire nei settori giovanili è ad alto rischio e non tutte le società hanno la formazione dirigenziale e tecnica necessaria per sviluppare questo segmento strategico dell’attività. Noi siamo soddisfatti di ciò che siamo riusciti a creare in questi 10 anni, molti dei nostri giovani oggi giocano stabilmente in serie B, alcuni militano in A2 a Forlì. Attualmente stiamo ripartendo con una under 14, molto talentuosa, giovani di cui si sentirà parlare, sempre che saremo in grado di metterli nelle condizioni di continuare, ma sono fiducioso”.
Quale idea potrebbe essere accolta per migliorare il tutto?
“Il Consiglio Federale, rinnovato nel 2013 è partito col piede giusto: l’istituzione di un settore tecnico dedicato alla nostra specialità è presupposto fondamentale per gettare le basi dello sviluppo della disciplina. E’ composto da personalità nominate direttamente dal coordinatore e scelte per la loro esperienza diretta nel mondo dell’inline e del ghiaccio. Le iniziative assunte finora sono di assoluto interesse, per gli effetti si dovrà ancora aspettare qualche anno ma mi pare che la strada intrapresa sia quella giusta. Le prerogative fondamentali comunque restano: struttura societaria, dirigenti, impianti e allenatori. I risultati sono sempre una conseguenza della cura e realizzazione di questi aspetti”.
Non è il suo campo ma come vede i campionati di A1 e A2? Quali sono le sue squadre favorite?
“Effettivamente non lo è, in quanto come Corsari Riccione siamo iscritti al campionato di serie B, ma essendo ancora fermo il nostro campionato investo molto tempo a seguire le serie maggiori.
Per quello che riguarda la serie A1, dico sempre che Milano, col roster al completo, potrebbe fare due squadre ed arrivare prima e seconda, il che la dice lunga su chi ritenga favorita per lo scudetto. Il potenziale tecnico è notevolmente al di sopra di tutte le altre, Belcastro poi a me è un giocatore che piace molto ed anche senza Mantese, hanno tutte le carte in regola per riconfermarsi per un nuovo Grande Slam, possono solo complicarsi la vita da soli. Tra i grandi team Padova ha investito molto, resterà da vedere se bene, ma “Cip” è una garanzia, lo seguii a Ferrara e vidi la mano di un ottimo allenatore, Vicenza è legata alle prestazioni di Luca Roffo, che personalmente ritengo uno dei pochi top player italiani, Monleale sta dimostrando di potersi confermare anche quest’anno pur con alcune assenze importanti ma certamente per il vertice la vera sorpresa è il Cittadella del mio amico Pierobon. Per le zone medio-basse è risaputo che io sono “tifoso” della Molinese perché ritengo la stessa un modello riuscitissimo di pianificazione e crescita societaria che tutti dovremmo seguire, cosi come Asiago che sta proseguendo nell’operazione di rilancio attraverso l’inserimento graduale delle sue ottime selezioni giovanili. Roma e Novi si difenderanno bene, mi spiace per il Verona, di cui apprezzo lo sforzo societario, che mi pare stia pagando troppo lo scotto del salto di categoria, ma è una società sana, si riprenderanno.
La serie A2, oramai da qualche anno è una B di qualità, il livello è sceso notevolmente da quando i migliori giocatori della categoria sono saliti in A1 per prendere il posto degli stranieri che, in tempi di crisi come questo, sono poco ingaggiati e la rinuncia di alcune società che ha consentito l’accesso alla categoria stessa di alcune società della serie minore, bene organizzate ed infarcite di ottimi giovani, come il Modena. E’ il campionato che seguo con maggiore interesse data la vicinanza logistica e affettiva col Forlì e San Benedetto. Il Polet pare avere una marcia in più, ma è un campionato molto equilibrato per le squadre di vertice. Piace constatare un generale miglioramento dell’organizzazione societaria generale.
Hockey & crisi: come possono le società sopravvivere in tempi di sponsor praticamente inesistenti?
“La crisi attanaglia il settore, oramai, da diversi anni, e la ricetta, per uscirne, è molto semplice.
Primo: non far finta che non esista o che passi.
Secondo: strutturare le società seguendo l’esempio della Nuova Polisportiva Molinese: passione, entusiasmo, impianto, investimenti sulle giovanili e tanto, tanto, tanto lavoro.
Terzo: le idee dovranno prendere il posto delle sponsorizzazioni.
Nel nostro piccolo, in Romagna è nato “Ice Project” un progetto che riunisce, imprenditori dell’impiantistica su ghiaccio, professionisti della comunicazione e del marketing, associazionismo sportivo e soggetti istituzionali che si prefigge di realizzare un impianto dedicato agli sport del ghiaccio, d’inverno, e rotellistiche, d’estate, che in sinergia con i pattinodromi a rotelle presenti, potrebbe dare luogo ad un vero e proprio centro polifunzionale legato al pattinaggio, nonché un prodotto turistico legato alla tipicità delle nostre zone. E’ un’idea come tante altre, ci stiamo lavorando”.
C’è qualcosa in chiusura che vuole aggiungere?
“Al movimento servono gli Stati Generali o qualcosa di simile e pare, fortunatamente, che si stia andando in questa direzione. Oramai dopo quasi venti anni questa disciplina deve fare un salto di qualità e lo potrà fare solo se le persone fortemente motivate a farla crescere saranno disponibili ad assumersene le responsabilità. Troppo facile prendersela con la politica”.